Sono finora 143 gli operatori sanitari italiani che hanno perso la vita mentre facevano il proprio lavoro, per tentare di salvare i pazienti affetti da Covid-19. Una strage silenziosa, spesso dovuta alla scarsità delle strutture di assistenza intensiva, alla mancanza di personale (10mila medici in meno), alla insufficienza di strumenti di protezione antinfettiva, dovuti al forte definanziamento del sistema sanitario nazionale negli ultimi 12 anni. Il coronavirus si è abbattuto con violenza sui malati e sui sanitari tutti. Molti sono morti, lasciando famiglie e spesso figli”.

Così in una nota l’Onaosi (Opera Nazionale Assistenza Orfani dei Sanitari italiani) che, per essere concretamente al fianco di quanti hanno pagato e pagano le conseguenze dell’epidemia, ha deciso di estendere i propri servizi anche ai figli rimasti orfani di sanitari che attualmente non sono contribuenti della Fondazione.

La decisione del CdA di Onaosi, prosegue la nota della Fondazione, fa seguito a un’altra serie di iniziative per stare al fianco delle categorie sanitarie italiane già prese nei giorni successivi all’esplosione dell’epidemia. 

Sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità è  stato pubblicato  il rapporto Animali da compagnia e SARS-CoV-2: cosa occorre sapere, come occorre comportarsi redatto dal Gruppo Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare.Le indicazioni sono coerenti con  quelle già diffuse da Fnovi fin dall’inizio della pandemia per l’erogazione di prestazioni medico veterinarie nel rispetto delle misure di contenimento del virus a tutela della salute di pazienti animali, proprietari e professionisti.

Il documento, come si legge sulla pagina del comunicatofa il punto sugli studi più recenti relativi alla suscettibilità di alcune specie animali e offre indicazioni su come migliorare le conoscenze per la gestione degli animali da compagnia nell’attuale contesto epidemico

Il documento proposto fa seguito alle risultanze emerse in occasione della videoconferenza tenutasi lo scorso 17 aprile u.s. tra i referenti del Ministero della Salute ed i componenti della Consulta permanente delle professioni sanitarie e socio-sanitarie sul tema dei diversi profili giuridici di responsabilità professionale.

Nell'inviare la proposta di modifica della Legge 8 marzo 2017, n. 24 e dell’articolo 590 sexies del Codice penale, i professionisti socio-sanitari hanno richiamato l'impegno profuso nello svolgimento delle proprie competenze professionali per “far fronte all’intervenuta urgente esigenza di cura collettiva, ponendo al centro l’interesse e la cura dei malati, a discapito della salute degli stessi operatori” indicando pertanto la necessità di inserire nell’ordinamento “una disposizione di carattere eccezionale che ne limiti la responsabilità ai soli casi di dolo”.

Le Federazioni ed i Consigli Nazionali delle professioni sanitarie e socio-sanitarie hanno anche accennato alla responsabilità delle strutture ospedaliere pubbliche e private coinvolte nella gestione della pandemia - tutte “costrette a fronteggiare il fenomeno con scarse risorse disponibili, profondendo il massimo impegno possibile per organizzare in modo ottimale il sistema e renderlo il più adeguato possibile per fronteggiare la situazione” - sostenendo così la proposta di limitare gli interventi alle fattispecie previste all’articolo 7 della legge 24/2017.

Ad accompagnare la proposta non è poi mancata una valutazione politica che ha stigmatizzato come le scelte assunte negli anni precedenti abbiano provocato un impoverimento del Servizio Sanitario Nazionale tale da renderlo inadeguato alle esigenze ordinarie di sanità da parte della collettività e, conseguentemente, impreparato a fronteggiare l'eccezionale emergenza sanitaria che il Paese sta attraversando.

A seguito della comparsa di titoli allarmistici su alcuni organi di stampa e diffusi mediante social network è nostro intento offrire ai colleghi medici veterinari e ai loro clienti alcuni chiarimenti in merito al ruolo degli animali da compagnia nella situazione epidemiologica da COVID-19. 

Come già specificato sullo stesso sito dell'Istituto Superiore di Sanità, non esistono, ad oggi, evidenze scientifiche convincenti su un significativo ruolo attivo degli animali domestici nella diffusione del SARS-CoV2. 
Sulla rivista scientifica internazionale Nature è stato inoltre pubblicato in data 1 aprile un breve articolo riportante gli ultimi aggiornamenti in merito a tale questione. 
Alla luce dei dati attualmente disponibili gli animali da compagnia possono avere un ruolo di trasporto passivo delle particelle virali alla stregua di oggetti inanimati, come ad esempio la suola delle scarpe del proprietario stesso.
Il secondo ruolo, che attualmente è oggetto delle notizie allarmistiche in circolazione, è legato la possibilità che gli animali stessi vengano infettati da basse cariche virali se venuti a stretto contatto con un paziente umano positivo. 
In tal caso, nell'animale soggetto ad infezione naturale, si possono verificare forme asintomatiche o paucisintomatiche.
In effetti, nei due cani e nel gatto osservati ad Hong Kong l'infezione si è evoluta in forma asintomatica; il caso descritto in Belgio in un gatto è stato invece caratterizzato da una sintomatologia respiratoria e gastroenterica, con miglioramento spontaneo a partire dal nono giorno dall'esordio dei sintomi, ma, al momento, non ci sono evidenze scientifiche che colleghino la sintomatologia osservata all’infezione da SARS-CoV-2.
Sono stati inoltre condotti studi con infezione sperimentale su un ridotto numero di animali domestici inoculati con alte cariche virali. Questi studi confermerebbero una scarsa suscettibilità del cane all’infezione da SARS-CoV-2.
E' ad ogni modo di cruciale importanza, onde evitare inutili allarmismi, sottolineare che l'infezione sperimentale con alte cariche virali non rispecchia quello che potrebbe verificarsi nel contatto ravvicinato tra paziente umano infetto ed animale nella normale vita domestica, in quanto la carica infettante sarebbe nettamente inferiore.  

Ad oggi, pertanto, gli animali da compagnia risultano semplicemente “vittime” del contagio da parte di esseri umani infetti, oltretutto, nel caso di infezione naturale, con forme asintomatiche o paucisintomatiche e con possibilità estremamente scarse di rappresentare un rischio effettivo per la salute umana. 

Si raccomanda pertanto, cercando di placare le voci allarmistiche mediante una corretta comunicazione da parte dei medici veterinari con i proprietari stessi degli animali da compagnia, di incoraggiare semplicemente comportamenti di normale prassi igienica come diciamo da settimane, onde evitare che gli animali da compagnia possano fungere da veicolo passivo delle particelle virali (ad esempio evitare il contatto degli animali con altre persone durante le uscite per bisogni fisiologici e lavare con acqua e sapone neutro le zampe degli animali stessi prima del loro rientro in ambito domestico). 

Nel caso il proprietario risulti invece positivo all'infezione da  SARS-CoV2, o mostri una sintomatologia respiratoria acuta (anche senza avere effettuato alcun test diagnostico di conferma), il consiglio è quello di ridurre quanto più possibile l'esposizione del proprio animale ad un eventuale contagio, evitando i contatti ravvicinati con l'animale stesso facendo una vera quarantena con tutti i membri del nucleo familiare, mantenendo le normali misure igieniche, ed ovviamente rivolgendosi a familiari o ad associazioni di volontariato per provvedere alle uscite dell'animale per i suoi bisogni fisiologici.

Ufficio Stampa FNOVI

In attesa delle nuove disposizioni della Presidenza del Consiglio e delle eventuali norme regionali, annunciate dal ministro Speranza che oggi " durante l'informativa in Senato sulla situazione dell'emergenza coronavirus, ha confermato il prolungamento delle misure restrittive adottate dal governo per contenere la diffusione dell'epidemia. "I dati migliorano ma sarebbe un errore cadere in facili ottimismi. L'allarme non è cessato e per questo è importante mantenere fino al 13 aprile tutte le misure di limitazioni economiche e sociali e degli spostamenti individuali"  
nonché a seguito di richieste di precisazioni da parte di colleghi,
Fnovi ribadisce che le prestazioni medico veterinarie devono essere erogate esclusivamente se vengono garantite le note misure di contenimento della diffusione di COVID-19.

Le strutture medico veterinarie devono ricevere per appuntamento - per evitare assembramenti
Solo persone in salute possono recarsi dal medico veterinario - una persona per ogni animale
Indicazione in tutti i locali e aree della struttura per il rispetto delle distanze di sicurezza - almeno 1 metro.
DPI per tutto il personale e per i proprietari di animali in visita.
Le indicazioni sul rispetto delle norme di contenimento della diffusione del contagio sono ovviamente da osservare per tutte le prestazioni, per tutte le specie e le tipologie di pazienti animali, nelle strutture come negli allevamenti di animali DPA o da altre produzioni.
Fnovi ha tradotto le indicazioni generali di FECAVA  che possono essere di ulteriore supporto a quelle redatte il 17 marzo da Fnovi

Anche le prestazioni ritenute necessarie a tutela della salute e del benessere animale devono essere sempre erogate nel rispetto delle norme in vigore e del Codice deontologico.
La salute è una sola – OneHealth – e nessuno, tanto meno dei professionisti della salute, possono ritenersi immuni dal SARS- CoV2 e comportarsi in modo irresponsabile mettendo a rischio la salute dei cittadini, facilitando la diffusione di una malattia come COVID-19.
Possiamo e dobbiamo lavorare in scienza coscienza e professionalità, senza scorciatoie che possono avere conseguenze catastrofiche su tutti.