È stata predisposta la versione aggiornata del "Manuale operativo per la predisposizione e la trasmissione delle informazioni al sistema informativo di tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati". Il manuale è stato redatto e revisionato dal Gruppo di lavoro composto da esperti del ministero della Salute, delle Regioni e degli Istituti zooprofilattici sperimentali di Abruzzo e Molise e Lombardia ed Emilia Romagna.
L’aggiornamento arricchisce il documento di numerose ulteriori casistiche che consentiranno a tutti gli attori della filiera dei medicinali veterinari, dai produttori fino agli utilizzatori finali, di rapportarsi in modo più semplice al nuovo Sistema Informativo Nazionale per la Farmacosorveglianza (che comprende la ricetta veterinaria elettronica) adottando procedure univoche e condivise definite all’interno del manuale.
Il manuale è pubblicato sul sito dedicato alla prescrizione elettronica veterinaria www.ricettaveterinariaelettronica.it, costantemente aggiornato in vista dell’imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e dell’entrata in vigore della ricetta veterinaria elettronica.
I medici potranno trattare i dati dei pazienti, per finalità di cura, senza dover richiedere il loro consenso, ma dovranno comunque fornire loro informazioni complete sull’uso dei dati. Il medico che opera come libero professionista non è tenuto a nominare il Responsabile della protezione dati. Tutti gli operatori del settore dovranno tenere un registro dei trattamenti dei dati.
Questi sono i principali chiarimenti forniti dal Garante della privacy a cittadini, medici, asl e soggetti privati, sulle novità introdotte, in ambito sanitario, dal Regolamento UE in materia di protezione dei dati (GDPR) e dalla normativa nazionale e che la DGPROF del Ministero della Salute ha condiviso con gli organismi ordinistici delle professioni dell’area sanitaria.
Il provvedimento generale, adottato dall’Autorità, intende favorire un’interpretazione uniforme della nuova disciplina, ancora in fase transitoria, e supportare gli operatori con informazioni utili alla sua corretta attuazione.
Il Garante ha chiarito, ad esempio, che il professionista sanitario (come il medico), soggetto al segreto professionale, non deve più richiedere il consenso per i trattamenti di dati necessari alla prestazione sanitaria. E’ invece richiesto il consenso, o una differente base giuridica, quando tali trattamenti non sono strettamente necessari per le finalità di cura, anche quando sono effettuati da professionisti della sanità. Ne sono un esempio i trattamenti di dati sulla salute connessi all’uso di “App” mediche (ad eccezione di quelle per la telemedicina), quelli effettuati per la fidelizzazione della clientela (come quelli praticati da alcune farmacie o parafarmacie), oppure per finalità promozionali, commerciali o elettorali.
L’Autorità ricorda che, sulla base dell’attuale normativa che regola il settore, permane la necessità di acquisire il consenso anche per il trattamento dei dati relativo al fascicolo sanitario elettronico, o per la consultazione dei referti online.
Nel documento del Garante sono forniti chiarimenti anche in merito all’informativa agli interessati, che deve essere concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, scritta con linguaggio semplice e chiaro. Rispetto al modello pre-GDPR, essa deve contenere maggiori informazioni a tutela dell’interessato quali, ad esempio, quelle relative ai tempi di conservazione dei dati, che - se non sono specificati dalla normativa di settore - dovranno comunque essere individuati dal titolare (ad esempio il medico specialista o l’ospedale).
Il Garante dedica una sezione anche al Responsabile per la protezione dei dati (RPD, DPO nell’acronimo inglese). Sono tenuti alla nomina del RPD tutti gli organismi pubblici, nonché gli operatori privati che effettuano trattamenti di dati sanitari su larga scala, quali le case di cura. Non sono invece tenuti alla sua nomina i liberi professionisti o altri soggetti, come le farmacie, che non effettuano trattamenti su larga scala.
L’Autorità infine chiarisce che è obbligatorio per tutti gli operatori sanitari tenere un registro nel quale sono elencate le attività di trattamento effettuate sui dati dei pazienti. Tale documento rappresenta, in ogni caso, un elemento essenziale per il “governo dei trattamenti” e per l’efficace individuazione di quelli a maggior rischio, anche per dimostrare il rispetto del principio di responsabilizzazione (accountability) previsto da GDPR.
Il protocollo di intesa con la Federazione Nazionale dei Veterinari Italiani che è stato sottoscritto oggi 12 marzo c.a. dal Presidente Gaetano Penocchio presso la buvette del Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura, muove dalle previsioni normative che impongono – per la nomina di periti e consulenti nell’ambito dei procedimenti civili e penali volti all’accertamento della responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie – la selezione di professionisti qualificati, scelti all’interno degli albi tenuti dai Tribunali.
A fronte di ciò, è emersa la necessità di una revisione sistematica delle modalità di tenuta di tali albi, al fine di individuare professionalità qualificate per supportare l’opera dell’autorità giudiziaria e, nel contempo, per offrire una platea completa di specializzazioni “utilizzabili”.
Il protocollo - che la FNOVI ha approvato con delibera del 22 settembre 2018 - si occupa in primo luogo di definire le linee guida per la strutturazione degli albi, sotto il profilo dei diversi profili professionali i cui ‘saperi’ sono necessari nei procedimenti per responsabilità medica, delle modalità di identificazione e categorizzazione delle specializzazioni, delle modalità di tenuta e revisione degli albi.
In secondo luogo, vengono indicati gli elementi (oggettivi) di valutazione delle competenze specialistiche necessarie per legge ai fini dell’iscrizione agli albi; viene poi raccomandata la formazione di un fascicolo personale che raccolga dati e titoli di ciascun iscritto, così da fornire le opportune informazioni agli utenti.
Infine, viene dedicato spazio all’opportunità di rendere gli albi pubblici ed accessibili a tutti gli utenti, anche attraverso il ricorso a strumenti informatici.
I medici veterinari che avranno avuto la possibilità di assistere questa mattina in diretta alla rubrica “Saró Franco”, approfondimento che il conduttore giornalista Franco Di Mare propone quotidianamente in uno dei programmi più popolari e longevi della Tv, avranno avuto la gradita sorpresa di sentir parlare di veterinaria.
Il giornalista ha esordito dichiarando di voler parlare di una categoria professionale che “crediamo di conoscere ma di cui sappiamo davvero poco e peraltro, quel poco che conosciamo, è frutto di stereotipi e luoghi comuni che ingabbiano i nostri giudizi e non ci permettono di apprezzare al meglio il suo lavoro e la sua funzione sociale”.
Franco di Mare oggi ha voluto parlare dei medici veterinari, confessando di avere in prima persona dovuto fare i conti con un eccesso di generalizzazione che lo induceva a distinguere i professionisti in due categorie: da una parte quelli a cui affidiamo gli animali d’affezione e, dall’altra, “quelli con la camicia a quadretti che vanno in giro in sidecar a salvare caprioli con le zampe impigliate in una staccionata …. che poi, per festeggiare, si fanno in paio di amari”.
L’intervento si è quindi sviluppato ad illustrare l’impegno che ogni giorno i medici veterinari esprimono nelle azioni di profilassi, di tutela, di controllo e di verifica della salute complessiva di animali ed uomini nel nostro paese. Ha quindi descritto la “relazione inconsapevole” che tutti abbiamo con i medici veterinari, a partire dall’operazione semplice del primo mattino che ci vede consumare il nostro cappuccino: dietro questa semplice operazione vi è un medico veterinario che ha eseguito test ed esami per garantire la sicurezza e salubrità del latte che stiamo consumando.
Ha commentato che la società li conosce poco i medici veterinari e poco sa del loro lavoro, e che questo contribuisce ad alimentare false credenze scientifiche (a proposito ad esempio del fenomeno della antibiotico-resistenza correlato all’indebito uso degli antibiotici in zootecnia). “La zootecnia, il comparto alimentare, la conservazione, la catena del freddo, la salute degli animali e, in definita, la nostra salute sono nelle mani di queste persone che noi fatichiamo persino a chiamare dottori, anche se lo sono a tutti gli effetti”.
La sua analisi è quindi proseguita dichiarando che le responsabilità affidate al comparto della veterinaria sono così ampie da meritare una attenzione maggiore. “Ci si accorge del lavoro del veterinario solo quando ci sono emergenze come la mucca pazza, l’aviaria … due terribili malattie che potevano migrare dagli animali all’uomo con esiti mortali. Se nel nostro paese i casi sono stati estremamente contenuti rispetto al resto del mondo, ciò è stato dovuto certamente al lavoro invisibile di questi medici, i cui controlli hanno costituito una barriera, una diga sanitaria, che ha impedito che quelle malattie mortali causassero gli stessi danni prodotti in altri paesi”.
L’organizzazione mondiale della sanità parla non a caso di “salute globale”: specie umana e specie animale come un unicum. Alla ricerca di una convivenza armoniosa dove ogni elemento, uomini, piante, animali ed ambiente vengono visti nella loro stretta correlazione.
“Forse dovremmo pensarci la prossima volta che mangiamo un uovo o portiamo ‘Fido’ in ambulatorio. La nostra salute la dobbiamo anche a loro …. altro che amaro e sidecar!”
Veterinaria … … sarà da oggi meno sconosciuta?
La gestione delle prime domande di iscrizione nell’Elenco Pubblico Nazionale dei Veterinari Aziendali disciplinato nel Decreto del Ministero della Salute 7 dicembre 2017, ha indotto la FNOVI a fornire chiarimenti in materia di ‘conflitto d’interessi’.
Premessa quindi la considerazione che il conflitto di interessi “non è un comportamento (come la corruzione), ma una situazione, un insieme di circostanze che creano o aumentano il rischio che gli interessi primari possano essere compromessi dall’inseguimento di quelli secondari”, FNOVI ha ritenuto utile chiarire che non è nelle proprie intenzioni “affrontare/evitare le possibili situazioni di conflitto di interessi semplicemente negando ai medici veterinari, in possesso della specifica formazione richiesta, di comparire nell’Elenco Pubblico Nazionale dei Veterinari Aziendali, ma vuole richiamarli al dovere di assumersi la responsabilità personale di identificare, dichiarare, per poi affrontarle e risolverle, le situazioni problematiche”.
Con una nuova Circolare in argomento (Circolare n. 4/2019) è stata quindi diramata una nuova edizione del ‘FORM’.
La FNOVI – a proposito del conflitto d’interesse – ha informato di essere impegnata, anche con la collaborazione del Ministero della Salute, “nella determinazione di quadri regolamentari realistici, oltre che nel non facile compito di creare efficaci sistemi di gestione, con l’ausilio di procedure chiare e comprensibili”.
La Circolare ha inoltre ricordato e ribadito che il veterinario aziendale, oltre che essere iscritto nell’Elenco Pubblico Nazionale dei Veterinari Aziendali, dovrà essere formalmente incaricato dall’operatore come previsto dal Decreto del Ministero della Salute 7 dicembre 2017 e con le modalità indicate nel Manuale Operativo dove si legge che “Lo schema di designazione di cui all’allegato 3 del DM, firmato dall’operatore e controfirmato per accettazione dal VA, corredato di copia del documento di identità di entrambi, deve essere caricato a sistema sotto forma di pdf”. Il Manuale Operativo chiarisce che all’interno di ClassyFarm è presente una “maschera di revoca/autorizzazione” e che le operazioni di autorizzazione/revoca “saranno firmate elettronicamente in ClassyFarm”. Il modulo firmato da entrambi gli attori dovrà essere inviato via e-mail alla casella Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. allegando copia dei documenti di identità dei firmatari.
Per ultimo, ma non per questo meno importante, è stato ricordato che al veterinario aziendale è richiesto di comunicare l’atto di designazione ricevuto anche al proprio Ordine di iscrizione (art. 3, comma 5, DM 7 dicembre 2017).
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